Caro lettore,
la mia lunga attivita' di psicologo-formatore e di psicoterapeuta mi ha
portato fino a oggi a contatto con una realta' sempre piu' diffusa e drammatica:
l’infelicita' delle persone di questa nostra societa'.
La spinta empatica a conoscere la loro vita, la loro storia, a sentirmi vicino
a loro mi ha dato la possibilita' di addentrarmi piu' profondamente nelle
cause e nelle radici di questa infelicita'. Mi ha indotto a fare ipotesi e sviluppare
ricerche per averne conferma. Mi ha portato, insomma, a fare di
questo problema il “mio problema”, a trasferire su di esso la mia passione,
il mio entusiasmo, con l’obiettivo, probabilmente esagerato, di dare chiarezza
a me e, magari, contemporaneamente ad altri.
Ti invito, pertanto, a fare un cammino insieme, mano nella mano, confrontandoci
continuamente sulle riflessioni che andro' a fare.
Ti chiedo la disponibilita' a seguirmi sgombro da certezze, come lo sono
io, del resto.
Le riflessioni che sviluppero' saranno proposte in maniera cosi' appassionata
da apparire certezze. Non lo sono. Posso dirti, del resto, che piu'
passano gli anni e meno certezze assolute ho. Questo non mi dispiace.
Le riflessioni che verranno proposte sono da considerare “passaggi di
vita”, “work in progress”, come si suol dire oggi.
Immaginiamo ora di trovarci per caso vicini, di fronte al mare, in una di
quelle giornate che ci hanno messo cosi' a dura prova da farci sentire profondamente
soli e disorientati, come potrebbe esserlo una barca che non
riesce piu' a governare il crescere pericoloso delle onde del mare in cui naviga.
Io questi momenti li ho vissuti. Forse anche tu.
Con uno sguardo reciproco percepiamo subito che in quella barca si e'
in due e forse ci potremmo aiutare reciprocamente.
“Nessun vento e' favorevole per il marinaio che non sa dove andare”,
dice Seneca.
La nostra vita non e' forse una barca in navigazione in un mare sempre
piu' agitato, rappresentato dalla societa' in cui viviamo oggi, sempre piu'
complessa, sempre piu' insicura, sempre piu' difficile?
Facciamo un tentativo insieme, per vedere se – e come – e' possibile dirigere
meglio la barca della nostra vita.
Il porto immaginario da raggiungere riguarda la possibilita' di poterci
godere al massimo possibile questo dono incredibile che abbiamo tutti in
mano: la “vita”, la “nostra vita”, le nostre ore, i nostri giorni, le nostre primavere
insieme ai nostri autunni, i nostri amori, i nostri sorrisi e le nostre
lacrime. La nostra vita, insomma!
Una cosa voglio chiarire subito con te, lettore.
Se ti disponi alla lettura di questo libro pensando di trovarci qualche
spunto e qualche consiglio per essere “vincente” nella tua vita, ne rimarrai
deluso.
Cosa significa, del resto, essere “vincenti” nella vita?
Ho conosciuto centinaia e centinaia di persone “vincenti”, profondamente
infelici.
Forse e' il caso di eliminare del tutto questo termine (“vincente”), almeno
nel senso che sempre piu' spesso oggi gli viene attribuito, soprattutto
attraverso i mezzi di comunicazione di massa, la televisione, in particolare.
“Vincenti alla grande” gia' lo siamo stati una volta. Fra alcuni milioni di
spermatozoi che correvano a fecondare l’ovulo di nostra madre siamo arrivati
primi. Che fenomeni siamo stati!
Ci puo' bastare per tutta la vita questa vittoria “rispetto agli altri”.
Adesso il vero problema che per noi si pone e' quello di essere vincenti
verso noi stessi.
La vera vittoria nella vita sara' questa. La conquista importante sara'
quella di realizzare una “qualita' della vita” tale da farci godere in pieno
questo dono che ci viene dato.
Parlando dell’“uomo nuovo” a cui si dovrebbe tendere, Erich Fromm,
riferendosi anche alle “Quattro Nobili Verita'” del Buddha sull’esistenza
umana, indica quattro passaggi successivi:
L’impostazione prevalentemente psicologica di questa riflessione sulle
condizioni di vita delle persone che vivono nella nostra attuale societa' non
intende assolutamente sottovalutare le problematiche sociali, culturali e politiche
dell’uomo moderno. C’e' un rapporto bipolare tra l’individuo e la societa'
in cui e' inserito. Sono davvero tanti e complessi i condizionamenti sociali
che influiscono sulle condizioni psicologiche delle persone e sulla loro
“qualita' della vita”.
Ai sociologi, antropologi ed economisti sono aperti gli altri campi di
studio.
A coloro che hanno responsabilita' politiche nella conduzione degli organismi
pubblici, che regolano il vivere sociale, spetta la grande responsabilita'
di far costantemente prevalere l’interesse collettivo su quello individuale
o di categoria.
A noi, in questa riflessione, interessa la persona con la sua specifica
soggettivita' e unicita'. Il suo “vissuto”, quello piu' profondo. Cercheremo
qualche volta, con molta delicatezza, di agganciare anche quella parte cosi'
profonda di noi da non averne coscienza e poterla, quindi, gestire: il nostro
“inconscio”.
e' troppo importante tenerne conto se si vogliono capire meglio certi
comportamenti della nostra vita che spesso lasciano noi stessi cosi' meravigliati.
In realta', ci potremmo perfino definire tutti dei grandi “incoscienti”,
visto che circa il novanta per cento delle nostre emozioni sfuggono alla nostra
coscienza. Infatti, il nostro cervello elabora le risposte emotive in circa
dodici millesimi di secondo e quelle razionali in un tempo doppio.
e' questo il motivo per cui le nostre emozioni ci possono perfino mettere
in crisi e farci trovare in difficolta' con gli altri. “No, stavo scherzando”,
si sente spesso dire da una persona dopo che la stessa ha fatto un’affermazione
piu' o meno spinta, magari perfino offensiva. Ed ecco allora che
interviene la nostra razionalita' per recuperare il danno prodotto. Ma “vale
la prima”, come si suol dire.
Adesso mettiamoci in cammino per questa strada che ci dovrebbe condurre
ad avere qualche chiarezza in piu' sulla “qualita' della vita”.
Un’acquisizione importante l’ho fatta dalle migliaia di storie di vita che
ho conosciuto, anche se incomplete. L’infelicita' delle persone e' strettamen
te legata al loro equilibrio di vita. e' su questo che si concentreranno le nostre
riflessioni.
Certo, un desiderio piu' o meno nascosto e' quello di offrire qualche
chiarezza e, magari, anche qualche idea in piu' su come arrivare, attraverso
le riflessioni fatte, a migliorare il proprio modo di vivere rendendolo piu'
soddisfacente.
Caro lettore, te lo confesso. In realta' e' questo mio grande desiderio che
mi ha spinto a intraprendere con passione la stesura del libro.
Dunque, la “qualita' della vita”.
Quando sento il forte richiamo del deserto e gli vado incontro per essere
piu' vicino a me stesso e all’assoluto, mi imbatto anche nei suoi abitanti.
Nel bambino come nel vecchio trovo volti sereni, sorrisi sempre pronti. La
grande maggioranza di loro ha solo qualcosa per sfamarsi durante il giorno.
Dunque, una qualita' della vita minima, davvero semplice.
Poi si torna in Italia, dove c’e' un diffuso benessere e trovi la maggior
parte delle persone cosi' poco disponibili al sorriso, se non aggressive.
Al mattino, se vai al lavoro in auto devi stare attento ai semafori, a come
guardi chi guida l’auto accanto alla tua. Anzi, e' meglio che non lo guardi
affatto. Perche' rischi che il tuo sguardo venga percepito malamente e
magari il tizio scende dall’auto e ti aggredisce.
Ma cosa sta succedendo? Come ci possiamo spiegare tutto questo?
Sicuramente un aiuto, anche se parziale, ce lo puo' dare Maslow con la
sua teoria della “gerarchia dei bisogni umani” (A. Maslow, Motivazione e
personalita', Armando Editore). Se non la conosci non ti spaventare, lettore,
perche' quella di questo psicologo e' una riflessione piuttosto semplice.
Maslow dice che il soggetto umano avverte innanzi tutto la necessita' di
soddisfare i suoi “bisogni primari”: fisici (mangiare, bere, dormire), di sicurezza
della propria persona e di socialita' (stare con gli altri e avere con loro
rapporti di collaborazione, di amicizia, di affetto). Solo quando sono stati
soddisfatti i bisogni primari l’individuo incomincia a rivolgersi verso se
stesso piu' profondamente e avverte quelli che vengono definiti i “bisogni
secondari”. Sono i bisogni di stima (autostima e stima da parte degli altri),
di indipendenza e di autorealizzazione nel lavoro e nella societa'.
e' chiaro che questa scala di priorita' dei bisogni umani non va intesa in
maniera rigida, ma dinamica, in quanto tutti continuano a essere presenti
dentro di noi. Dipendera' dalle diverse situazioni della vita il prevalere di
alcuni sugli altri. Per esempio, in questi anni di grande precarieta' e insicurezza
del lavoro molti individui, che erano motivati a soddisfare i bisogni
secondari di una maggiore realizzazione nel lavoro e nella vita, sono regrediti
a garantirsi un bisogno primario fondamentale, quello di “sicurezza”
del lavoro e della loro attuale qualita' della vita. Non c’e' dubbio che i bisogni
primari sono assolutamente prioritari rispetto ai secondari: alla loro base
c’e' quasi tutta la storia dell’evoluzione umana, milioni di anni nei quali
solo questi hanno consentito all’uomo di sopravvivere e di evolversi.
I bisogni secondari sono recentissimi e, peraltro, non ancora presenti in
numerose popolazioni che ancora hanno il problema primario, ogni giorno,
di sopravvivere. Un bisogno primario soddisfatto ci da' subito una sensazione
immediata di benessere: un buon cibo quando si ha fame, un buon bicchiere
di vino al momento giusto o far l’amore con il partner con cui si e' in
sintonia. Il livello di benessere e la sua durata nella soddisfazione di un bisogno
secondario e' di minore intensita' e piu' evanescente: oggi ci sentiamo
realizzati nel lavoro e domani, magari, apprendiamo che la societa' in cui
lavoriamo e' stata venduta e non si sa che fine faremo.
e' in questa direzione che probabilmente dobbiamo interpretare lo stato
d’animo diverso di chi vive al livello del soddisfacimento dei bisogni primari
e di chi vive nelle societa' dove il benessere economico e' diffuso. Questo
non significa assolutamente che per ritrovare la serenita' l’individuo delle
societa' industrializzate debba regredire ai bisogni primari. La situazione
e' molto piu' complessa. Non mancheremo, comunque, di approfondirla.
Questo approccio di Maslow, comunque importante e tuttora valido,
non ci aiuta a comprendere il rapporto di ogni “singola” persona, cosi' diversa
da ogni altra, con la qualita' della propria vita.
Una fortunata occasione nella mia storia professionale e' stata quella di
aver avuto l’opportunita' di fare per molti anni ricerca a tempo pieno sugli
aspetti, soprattutto psicologici, del rapporto delle persone con il lavoro e la
loro vita.
Ne ho approfittato per cercare di capire piu' in profondita' come si sviluppa
questo rapporto in ogni singolo individuo.
Ho messo in verifica, quindi, in sede di ricerca, un modello teorico che
avevo in mente e ho potuto riscontrare che funzionava piuttosto bene.
L’ho chiamato “teoria delle strategie motivazionali soggettive”.
Mi raccomando ancora una volta, lettore, di non preoccuparti. Non dirti
a questo punto: “ecco che il libro sta diventando pesante”. Fidati, non lo sara'
e il discorso continuera' a essere semplice anche se, in qualche momento,
andremo a riflettere su aspetti profondi della nostra vita e in quanto tali relativamente
complessi.
Vedi, in realta' le cosiddette “teorie” sono importanti. Sono semplicemente
dei “modelli interpretativi” delle diverse realta' (psicologiche, sociali,
fisiche) della nostra vita inserita nel mondo che ci circonda; sono utili perche'
ci danno la possibilita' di comprendere piu' profondamente le diverse realta' e di metterle a confronto tra loro sulla base, pero', di punti comuni diriferimento. Senza avere modelli di riferimento, il rischio che corriamo tuttie' quello di rimanere in superficie nella comprensione di quello che avviene,
lasciandoci prendere, magari, dalla spinta esclusiva delle emozioni rispetto
agli avvenimenti: “e' bello” “no, e' brutto”; “non vale niente”; “e' incomprensibile”
ecc.
Un riferimento a modelli interpretativi comuni ci puo' consentire un
confronto non eccessivamente condizionato da spinte emotive e, magari,
anche dai nostri stereotipi e pregiudizi.
Ritengo utile, quindi, far partire questa nostra comune riflessione sulla
“qualita' della vita” da questo modello di riferimento delle “strategie motivazionali
soggettive” che ci consentira' di procedere secondo punti di riferimento
comuni.
Seguiremo una specie di percorso di conoscenza che, partendo dalle
zone piu' profonde del nostro essere, si sviluppera' orientandosi sempre di
piu' verso l’esterno, cioe' il nostro rapporto quotidiano con la vita e i problemi
che questa ci presenta ogni giorno, e quindi la “qualita' della vita” che
da questo nostro rapporto ne scaturisce.